La storia finora: Steve Rogers è stato preso prigioniero da Viper. Donna Maria Puentes, l’unica rimasta dei Vendicatori Segreti, organizza una squadra di soccorso di cui fanno parte Sharon Carter, Diamante, Jack Flag e Paladin. Nel frattempo, a Miami Beach, in Florida, Bucky Barnes, con l’aiuto di Yelena Belova, deve affrontare Maverick che, spalleggiato da Silver Sable e dal suo Branco Selvaggio, vuole vendetta per un crimine commesso dal Soldato d’Inverno durante la Guerra Fredda.

La squadra guidata da Sharon raggiunge Steve appena in tempo per scoprire qual è il diabolico piano di Viper: usare il micidiale composto chimico chiamato Inferno 42 per ridurre in cenere tutta l’area di Washington.

 

 

#34

 

A DUE PASSI DALL’INFERNO

Di Carlo Monni & Carmelo Mobilia

 

 

Covo di Viper.

 

<Quella pazza di Viper!> esclamò Sharon Carter, mentre un brivido le scendeva lungo la spina dorsale. <L’Inferno 42! Solamente una come lei poteva pensare di trafficare con un composto del genere!>

Sharon era nota per essere una donna dai nervi d’acciaio: poche le cose che le facevano perdere il controllo, quindi qualsiasi fosse la cosa di cui stava parlando doveva essere incredibilmente pericolosa.

<Uh, vorreste illuminare anche noi?> domandò Diamante < Che diavolo è “l’Inferno 42?”>

<Già, pare il nome di una discoteca degli anni 70.> li schernì Paladin.

<Non c’è assolutamente nulla da ridere> lo riprese Steve <Stiamo parlando di qualcosa in grado di distruggere un’intera città. In una scala di pericolo è secondo solo all’antimateria.>

I presenti si raggelarono, a sentirgli dire così.

<L’Inferno 42 è un’arma di distruzione di massa di tipo chimico creato dall’A.I.M. parecchi anni fa. Una volta innescato, non c’è modo di arrestare la catena distruttiva che genera e, come vi ha appena detto Steve, ne è sufficiente una minima quantità, quanto basta per entrare in una scatoletta, per essere in grado di ridurre in cenere una città grande come New York nel giro di poco tempo.> disse Donna Maria, mostrando il suo addestramento S.H.I.E.L.D., forse anche per impressionare la Carter.

<Esattamente.> rispose lei <La mia prima missione sul campo per conto dello S.H.I.E.L.D. fu di recuperarlo. Fu in quell’occasione che ci conoscemmo, ricordi?> disse, rivolgendosi a Steve.

<Come potrei dimenticarlo?> gli rispose lui.

Tra lui e Sharon c’era una sintonia e un feeling notevole. Si percepiva come comunicassero e s’intendessero con un solo sguardo, e la cosa infastidiva Donna Maria Puentes, che cercava di rimanere concentrata e non darlo a vedere.

<Un’arma tanto potente in mano ad una sciroccata come Viper che, da quanto so di lei, non è tipo da usarla per un bluff. Dobbiamo fermarla assolutamente!> fece notare Jack Flag.

<Ed è quello che faremo.> rispose risoluto Steve <Amadeus, c’è qualcos’altro in questo computer che possa rivelarci qualcosa in più sul suo piano? Per esempio in che punto vuole colpire?>

<Posso controllare...> rispose il giovane Cho, e picchiettando velocemente sui tasti, riuscì ad eccedere ad altre cartelle del database.

<Pare ci siano delle piantine...> fece notare il ragazzo.

<Sembra un condotto fognario...> osservò Paladin.

<La Casa Bianca!> esclamò Steve <Quella pazza vuole scatenare l’Inferno 42 nel sottosuolo della Casa Bianca!>

 

 

Miami Beach, Florida.

 

James Barnes udì ogni parola di Maverick.  Uscì allo scoperto, intento ad affrontare il suo assalitore.

Maverick lo aveva finalmente davanti a sé, nel mirino delle sue pistole.

Aveva sognato questo momento per decenni... allora perché non riusciva a sentire soddisfazione?

C’era qualcosa nello sguardo del suo nemico… non era lo stesso che ricordava. 

Vi leggeva rassegnazione e senso di colpa.

Con un gesto quasi teatrale il Soldato d’Inverno mollò le sue armi e le lasciò cadere a terra.

<Sono stanco.> disse con voce cupa <Stufo del riaffacciarsi continuo del mio passato sporco. Basta, facciamola finita...> aggiunse, alzando le mani.

<Non muoverti!> gli intimò il tedesco <Non fare un solo passo! Non ci casco, qualunque cosa hai in mente non funzionerà!> gridò ancora.

Una voce dentro di se gli diceva “dai, spara, che aspetti?” ma qualcosa che non sapeva spiegarsi lo spingeva ad ascoltare quello che il suo avversario aveva da dire.

<Nessun trucco, davvero. Te l’ho detto, sono stanco. Stanco di rivelazioni come la tua. Da quando sono... tornato in me, non sento altro che rinfacciarmi gli omicidi che ho commesso durante gli anni della guerra fredda. Omicidi che spesso nemmeno ricordo, ma che mi tormentano lo stesso. Quanti altri amici, e padri, e fratelli, figli e mogli ho assassinato? Non ho voglia scoprire quant’è lunga questa lista, e a quanto ammontano le mie vittime... > disse continuando ad avanzare.

<Fa un altro passo e ti faccio saltare la testa!> ribadì Maverick.

<Provaci ed io uccido te senza alcuna esitazione, puoi credermi sulla parola.>

A parlare era stata Yelena Belova che aveva recuperato un’arma ed ora teneva il tedesco sotto tiro.

<Morirai prima di premere il grilletto, sgualdrina, te lo garantisco.>

Silver Sable teneva a sua volta una pistola puntata alla testa della giovane russa.

La Vedova Nera non si scompose e replicò con voce calma.

<Non esserne troppo sicura.>

Si stava profilando ad uno stallo alla messicana.

 

 

Da qualche parte negli Stati Uniti.

 

Da quando aveva fondato l’A.I.D., costola decisamente più radicale del ben più noto A.I.M.,[1] la Dottoressa Monica Rappaccini non aveva mai permesso a nessuno di criticare le decisioni da lei prese come Scienziata Suprema di quell’organizzazione… a nessuno tranne che all’Agente Scorpia.

Ma l’Agente Scorpia non era una qualunque: era sua figlia.

Sin da quando aveva lasciato la sua natia Padova per proseguire gli studi di chimica nelle università americane, Monica aveva deciso coscientemente di non lasciarsi mai guidare dai sentimenti ma da quando la ragazza che ora stava in piedi davanti a lei era rientrata nella sua vita, aveva scoperto che non era più così facile.

Sul suo certificato di nascita il nome era Thasanee Rappaccini ma lei preferiva il nome datole dai genitori adottivi, Carmilla Black, un altro segno della sua natura ribelle secondo Monica. La ragazza era stata sottoposta dall’A.I.M. ad esperimenti che l’avevano resa resistente ad ogni tipo di tossina e dotata della capacità di sparare veleno dalle mani ma al tempo stesso le avevano causato una degenerazione cellulare che l’avrebbe uccisa in breve tempo. Solo allora Monica Rappaccini si era ricordata di essere una madre ed aveva deciso di intervenire per cercare di salvarla arruolandola contemporaneamente nella sua organizzazione ma lei le era forse grata per averla salvata e averle fatto incontrare suo padre?[2] Niente affatto.

<Perché hai venduto l’Inferno 42 a quella Viper?> le chiese Scorpia.

<È stata una semplice transazione d’affari. L’A.I.D. ha ricevuto un incarico e lo ha portato a termine. È questo il nostro lavoro.> replicò la Rappaccini.

<Ma quella donna lo userà per uccidere milioni di persone. Non t’importa?>

<E perché dovrebbe? Credi forse che chi produce fucili si preoccupi o si senta responsabile se le sue armi saranno usate da uno psicopatico per sterminare una scolaresca? No di certo. La nostra organizzazione progetta e realizza armi di un certo tipo. Quel che ne fanno gli acquirenti non mi riguarda.>

Scorpia storse la bocca. Il cinismo e l’indifferenza di sua madre la sconcertavano ogni volta. Era sempre più convinta che dovesse essere fermata e lei avrebbe fatto tutto il possibile perché accadesse.

 

 

Washington D.C.

 

Viper ed un manipolo di suoi sgherri avevano raggiunto il sottosuolo della Capitale attraverso un tunnel in disuso e si trovavano in un punto del sistema fognario di Washington non molto distante dalla Casa Bianca. 

Viper non aveva, in realtà, bisogno di piazzare il contenitore così vicino al suo obiettivo primario, poteva piazzarlo in un punto qualunque della città o perfino fuori dai suoi confini ed il risultato sarebbe stato identico: una volta apertosi il contenitore si sarebbe attivato il micidiale composto chimico le cui fiamme avrebbero inghiottito da sottoterra tutta la capitale per poi espandersi.

La Dottoressa Monica Rappaccini aveva potuto produrre solo pochi grammi di Inferno 42 ma nella versione potenziata realizzata dalla diabolica scienziata, sarebbero bastati per ridurre l’intera città di Washington ed una vasta area dei vicini Stati di Virginia e Maryland ad un deserto di fuoco.

L’intera struttura di governo degli Stati Uniti sarebbe collassata, la nazione sarebbe finita alla deriva.

Viper rise. No: non aveva bisogno di piazzare il contenitore così vicino alla Casa Bianca, ma lei dava il giusto valore ai simboli. Avrebbe mandato un messaggio ai media non appena uscita da lì. Troppo tardi per fermare il tutto od evacuare la zona ma quanto bastava per far sapere al Mondo che era opera sua

Stava ancora sorridendo quando lei e la sua squadra sbucarono dal tunnel in una piazzola da cui si biforcavano altri tunnel del sistema fognario.

Ancora pochi minuti e il suo piano sarebbe finalmente stato messo in azione.

Uno dei suoi uomini l’avvicinò.

<Signora, ho contattato la base come mi aveva ordinato, ma non ho ricevuto alcuna risposta.>

<Che vuoi dire?> chiese lei, innervosita e sorpresa dalla notizia appena appresa.

<Nessuno risponde alle nostre chiamate. Come se non vi fosse nessuno a riceverle. Questo potrebbe significare che il prigioniero potrebbe essere riuscito a fuggire o che abbia ricevuto soccorso.>

<Vuoi dirmi che la base è compromessa e che i nostri uomini sono stati catturati?  È così?>

<Temo di si, signora.>

Un lampo d’odio attraversò lo sguardo di Viper. Il suo volto assunse un’espressione terrificante.

Quel tizio biondo, l’uomo di Fury, si stava rivelando particolarmente irritante: prima aveva resistito in maniera stoica alla tortura[3] e ora forse era riuscito a scappare.

La cosa innescò una collera spaventosa dentro la donna. Afferrò per i capelli l’uomo che le aveva riportato la notizia e gli si avventò sul collo come un vampiro: i suo canini affondarono nella giugulare della sua vittime, rilasciando una tossina.

L’uomo cadde a terra in preda alle convulsioni: la sua pelle si riempì di macchie violacee, iniziò a schiumare dalla bocca fino a quando non smise di contorcersi e sul suo volto rimase solamente l’espressione di una atroce agonia.

<Odio le brutte notizie...> esclamò la donna fissando con disprezzo il cadavere, come se la possibile fuga del prigioniero fosse stata colpa sua.

I suoi uomini rimasero pietrificati dall’accaduto.

<Muovetevi. Procedete con il piano. Nulla ci deve fermare.> disse la donna con un tono che non ammetteva repliche, e un istante dopo la squadra riprese con le operazioni come se nulla fosse successo.

 

Russian Tea Room, Manhattan New York.

 

In un tavolo d’angolo di questo famoso ristorante una coppia stava cenando.

Lui aveva indubbiamente passato la cinquantina e forse anche la sessantina, aveva capelli, barba e baffi neri ma abbondantemente spruzzati di bianco ed il fisico era ancora prestante.

Indossava un completo tre pezzi marrone evidentemente fatto su misura.

La sua compagna era una donna dai capelli scuri che poteva avere sui 35 anni al massimo, molto attraente che indossava un tailleur blu elettrico.

<Avrei una domanda da farti, Alek.> disse improvvisamente la donna.

L’uomo, il cui nome completo era Aleksandr Vassilievitch Lukin, uno degli uomini più ricchi e potenti della Federazione Russa, fece un lieve sorriso e replicò:

<Puoi chiedermi quello che vuoi, Alyona,[4] dopotutto sei la responsabile della sicurezza della mia compagnia… e qualcosa di più per me… cosa vuoi sapere?>

<Perché hai dato a Silver Sable ed a Maverick informazioni che potevano mettere in pericolo la Vedova Nera? E soprattutto come facevi a sapere come rintracciare la Vedova Nera? per quanto ne so, solo il Direttore ed il Vice Direttore del G.R.U.[5] sono autorizzati a saperlo.>

Lukin fece un sospiro e rispose:

<Avevo un debito morale con Silver Sable per via di una certa faccenda di alcuni anni fa di cui è inutile parlare adesso. Quanto alla Vedova Nera, si può dire che io e lei siamo vecchi amici. Una volta abbiamo anche cenato insieme.>

<Mi stai dicendo che tu e lei…?>

<Un vero gentiluomo non risponde mai a queste domande. Quanto alla tua giovane omonima ed all’uomo che Silver Sable ed il suo amico tedesco stavano cercando, sono convinto che quelli davvero in pericolo non siano loro ma coloro che gli stanno dando la caccia.>

Yelena Andreievna Brement annuì: se il Soldato d’Inverno esisteva davvero ed anche solo la metà delle storie su di lui erano vere, assieme alla Vedova Nera formava una coppia davvero letale.

 

 

Washington D.C.

 

<Ci siamo, ecco il punto dove collocheremo l’ordigno.> esclamò Viper.

Al suo segnale i suoi uomini sistemarono il contenitore di Inferno 42 su una parete; quando ebbero finito provvide lei stessa ad attivare il timer in modo da avere tutto il tempo necessario ad allontanarsi a distanza di sicurezza prima del disastro.

Era fatta, entro pochi minuti la capitale degli Stati Uniti sarebbe stata divorata dalle fiamme, e un espressione di crudele gioia le comparve sul volto, ma il sorriso le morì sulle labbra, sostituito in rapida successione da espressioni di stupore e poi di rabbia quando si rese conto che le sentinelle che aveva lasciato indietro erano stese a terra e davanti a lei apparvero tre donne e tre uomini, di cui uno le era ben noto.

<TU!> esclamò.

<Ti avevo detto che ti avrei fermata.> disse Steve Rogers.

<Uccideteli!> urlò Viper <Uccideteli tutti!>

Prima ancora che i suoi uomini potessero agire, i loro avversari si erano già mossi:

Paladin mise la sua pistola speciale in modalità stordente e sparò ripetutamente una serie di scariche contro i mercenari vestiti di verde.

Donna Maria Puentes sparò a sua volta facendo saltare le armi di mano ad un paio di sgherri di Viper e poi, dimostrando un’invidiabile preparazione atletica, spiccò un balzo che le permise di evitare i colpi sparati da altri nemici.

Diamante fece quello che ormai le veniva naturale come respirare: afferrò alcuni dei suoi dardi e con una mira perfetta li scagliò verso i suoi assalitori, e ognuno di essi centrò il proprio bersaglio.

Jack Flag si sentiva vivo dopo tanto tempo. Questa era la sua vita: battersi per una causa giusta. Si gettò addosso ai nemici e con la consueta agilità che lo contraddistingueva cercava di abbatterne il più possibile.

Anche Steve e Sharon non esitarono a colpire. In men che non si dica la loro squadra, sebbene in inferiorità numerica, sembrava avere in mano lo scontro.

I terroristi, colti di sorpresa, non erano preparati ad uno scontro di quel genere.

Viper era furiosa: quei maledetti stavano vincendo e, pure in mezzo alla bolgia della battaglia non poté non notare come ad un certo punto Sharon Carter fosse scomparsa.

Indubbiamente era corsa a cercare di disattivare il timer dell’Inferno 42.

Aveva una probabilità su mille di riuscirci ma lei non sarebbe rimasta a vederlo.

Senza esitare oltre imboccò uno dei tunnel.

<Viper sta scappando!> urlò Steve <Voi proseguite qui, io la inseguo!>

Nessuno osò contraddirlo e lui immediatamente si lanciò all’inseguimento.

 

 

Miami Beach, Florida.

 

Maverick teneva sotto tiro James Barnes.

Yelena Belova puntava una pistola contro Maverick.

Silver Sable faceva lo stesso con lei.

Era una scena che sarebbe piaciuta a Quentin Tarantino, o a Sergio Leone... solo che qui non si trattava di un film; un solo movimento falso e ci sarebbe stata una vera carneficina.

I muscoli delle loro braccia erano tesi, le loro fronti grondavano sudore.

Solamente Bucky ruppe il silenzio:

<Abbassa l’arma, Yelena.>

<No.> rispose lei.

<Abbassa la tua arma ti ho detto!> ribadì <Nessuno deve morire oggi.>

<Non pensare di cavartela così a buon mercato!> gridò Silver Sable <Tu verrai con noi in Symkaria, dove verrai processato per i tuoi numerosi crimini!>

<Farò quello che volete, voglio solo che lasciate andare Yelena.>

Qualcosa dentro Maverick si era acceso, e doveva saperne di più.

<Che significa quella frase che hai detto prima?> domandò il tedesco <Cosa significa “tornato in me”?>

<È lunga da spiegare, ma per tagliar corto, ero sotto controllo dei Sovietici. Mi avevano fatto il lavaggio del cervello, rendendomi un sicario sotto il loro totale controllo. Solo di recente mi sono liberato dal loro condizionamento e da allora sto cercando di fare ammenda. Ero in Russia per evitare l’attentato al Presidente, non per prendervi parte: sono membro di una task force speciale dove uso le mie abilità e la mia esperienza per salvare delle vite non per toglierle, ma per quanto impegno ci metta, ogni volta arriva qualcuno a ricordarmi delle vite che ho stroncato, è ora di porre fine a tutto questo. Non ricordo nemmeno l’episodio di cui parli, ma non importa: sono comunque colpevole, quindi non mi difenderò; in fondo merito di pagare per quello che ho fatto, per cui uccidimi, catturami o fai quello che ti pare, ma facciamola finita.>

Maverick lo fissò e capì che era sincero. Era nel mondo dello spionaggio da moltissimo tempo, e sapeva benissimo dove agenzie come la CIA o il KGB erano pronte a spingersi per il loro scopi.

Aveva visto coi propri occhi quello che avevano fatto al suo amico Logan quelli del team X.

Ancora oggi Wolverine non possedeva ricordi chiari di quel periodo, e pareva che per il Soldato d’Inverno fosse la stessa cosa.

Qualunque cosa avesse fatto in passato, ora non era più lo stesso uomo.

Che senso avrebbe avuto ucciderlo adesso?

Annuì brevemente e ripose le sue pistole nelle fondine.

<No.> disse <Nessuno morirà oggi.>

 

 

Washington D.C.

 

Sharon Carter capì immediatamente che quello davanti a lei era proprio il contenitore dell’Inferno 42.

Era poco più grande della batteria di un cellulare ma quello che conteneva, per quanto piccolo, era in grado di provocare la morte di milioni di persone.

Le bastò un rapido esame per capire che ogni tentativo di rimuoverlo avrebbe provocato l’immediata esplosione della piccola carica predisposta per aprire il contenitore. 

Una salvaguardia di Viper in caso fosse stata scoperta.

L’unica soluzione era disattivare la bomba sul posto e solo poi rimuovere il contenitore. Lei aveva le capacità per riuscirci e comunque non c’erano alternative.

Sharon fece un lungo respiro e si mise al lavoro.

 

 

Nel frattempo, in un'altra zona delle fogne.

 

Il resto della squadra stava finendo di disfarsi degli uomini di Viper.

<Devo ammetterlo, con te non ci si annoia mai Diamante; nel giro di poche ore mi hai portato in mezzo ad una fogna per farmi sparare addosso. Non male come primo appuntamento.> disse Paladin mentre, grazie alla superforza fornitagli dal suo esoscheletro sollevava da terra un sicario e se ne liberava con estrema facilità.

<Tu sì che sai come lusingare una donna.> ribatté Rachel Leighton sorridendo mentre sferrava un calcio al mento di uno degli ultimi sgherri di Viper rimasti in piedi.

Anche Donna Maria Puentes aveva appena steso un avversario e stava prendendo fiato quando sentì una mano posarsi sulla sua spalla. Si voltò di scatto sferrando un colpo di karate.

L’uomo davanti a lei lo parò col braccio destro. Per fortuna, perché era Jack Flag.

<Calma.> le disse <È finita, abbiamo vinto.>

Era vero: nessuno degli avversari era ancora in piedi.

<Non è ancora finita. Puntualizzò Maria <Viper è scappata e non sappiamo se Carter sia riuscita a recuperare l’Inferno 42. La catastrofe potrebbe essere solo rimandata.>

Nessuno ebbe nulla da ribattere.

 

 

Russian Tea Room, Manhattan New York.

 

Yelena Brement uscì dalla toilette delle signore.  Mentre rientrava nel salone, incrociò lo sguardo di un giovanotto dai capelli neri seduto ad un tavolo poco distante dal suo. Lui le sorrise e sollevò il bicchiere di vino mimando un brindisi.

Lei ricambiò il sorriso. Era davvero un bel ragazzo, pensò, il tipo del bel tenebroso. Se non fosse stata in compagnia di Alek, avrebbe anche potuto prendere in considerazione l’invito sottinteso da quel sorriso. Magari ci sarebbe stata un’altra volta.

Lukin aveva già provveduto al conto e la prese a braccetto.

Mentre uscivano, il giovanotto in questione si chinò sul bicchiere e sussurrò:

<Il soggetto L ed il soggetto B stanno uscendo adesso dal ristorante. Dimmi che hai già finito.>

Una voce di donna echeggiò nel suo auricolare:

<<Tranquillo. Sarò fuori dalla villa prima che rientrino. Non si accorgeranno nemmeno che sono stata qui.>>

<Me lo auguro… per te.  Quei due non sono degli sprovveduti e se si accorgono che abbiamo violato la loro sicurezza, saranno guai. Chiudo.>

Il giovane pagò il conto ed uscì all’aperto in tempo per vedere la limousine di Lukin staccarsi dal parcheggio. Avrebbe avuto bisogno di tempo per raggiungere Brooklyn anche col ridotto traffico notturno, tempo che sarebbe servito alla sua amica per sparire. Sarebbe andato tutto bene.

 

 

Fogne di Washington D.C.

 

A Sharon sembrava di stare lavorando da ore. Ogni mossa sembrava essere di una lentezza esasperante mentre i secondi sul timer sembravano scorrere velocissimi. La pazienza era, però, necessaria: un solo errore e tutto sarebbe stato perduto. L’intera area metropolitana della capitale sarebbe diventata un cratere fumante e la Nazione sarebbe piombata nel caos.

In questo momento, però, era un altro pensiero a tormentarla: se avesse fallito sua figlia avrebbe perso in un solo colpo entrambi i suoi genitori, che ne sarebbe stato di lei? Non poteva sbagliare, lo doveva a Shannon.

Staccò l’ultimo filo ed attese. Non accadde nulla. Staccò dalla parete il contenitore dell’Inferno 42 e solo allora si concesse un lungo respiro ed un sorriso.

 

 

Miami Beach, Florida

 

Silver Sable esclamò:

<Che cosa? Sei impazzito?>

<Niente affatto.> rispose Maverick <Semplicemente credo alla sua storia. Rifletti: non hai fatto caso a come non abbia ucciso nessuno dei tuoi uomini? Di certo è stata una cosa voluta. Chiunque sia quest’uomo, non è un assassino, non più almeno. Andare avanti ora sarebbe privo di senso.>

<Per te, forse, ma io ho ancora una taglia da riscuotere e…>

La Vedova Nera si voltò di scatto e sparò facendo saltare di mano la pistola a Sable.

<Nemmeno io ti ho uccisa.> affermò sorridendo <Riflettici su.>

Mentre Silver si massaggiava la mano indolenzita, Maverick guardò il Soldato d’Inverno dritto negli occhi e disse:

<Come ho detto, ti credo; so che la C.I.A. ha fatto uno scherzetto simile ad un mio vecchio amico,[6] quindi perché non dovrei credere che il KGB non abbia fatto lo stesso con te? Oltretutto, ora che ho il tempo di rifletterci, mi rendo conto, da come parli, che non sei russo ma americano.>

<Dell’Indiana.> replicò Bucky Barnes abbozzando per la prima volta un sorriso.

Maverick sospirò.

<Nel nostro ambiente succedono spesso cose inimmaginabili. Posso solo immaginare come tu possa sentirti. Forse l’uomo che conobbi a Berlino Est nel 1968 meritava di morire, ma ora so che tu non sei lui.  Non più, almeno. Se davvero sei nell’antiterrorismo, se realmente lotti per la causa giusta, forse un giorno combatteremo dalla stessa parte.>

<Ne sarei onorato.> rispose Bucky stringendogli la mano. Dopodiché il tedesco si rimise la maschera di metallo e si voltò.

<Forza Silver, recuperiamo i tuoi uomini, prima che arrivino le autorità.> concluse, allontanandosi tra gli alberi.

Bucky e Yelena si abbracciarono.

Prima di raggiungere il suo socio, Silver si rivolse a loro un’ultima volta:

<Forse è vero che non sei più lo stesso uomo d’un tempo, ma hai ugualmente molti peccati da scontare, Soldato d’Inverno. Altri uomini ti daranno la caccia per il tuo passato, come abbiamo fatto noi stanotte, e puoi credermi, non saranno comprensivi e indulgenti come noi. Guardati le spalle.>

<Lo farò.> si limitò a risponderle lui.

 

 

Washington D.C.

 

Viper correva a perdifiato nei condotti fognari, voltandosi soltanto per sparare alla cieca. Il suo anello che nascondeva un dispositivo di teletrasporto non stava funzionando. Che nel perimetro della Casa Bianca fosse stato installato un qualche congegno che lo inibiva? O forse era qualcosa che aveva con sé il biondo agente dello S.H.I.E.L.D.? non aveva importanza, doveva comunque sbarazzarsi di lui.

Per lo più, i suoi colpi rimbalzavano sulle pareti, ma Steve avanzava con lo scudo energetico attivato, non temendo il disperato tentativo della sua avversaria di sfuggirgli.

La corsa di Viper s’interruppe quando imboccò un vicolo che la portò verso un canale di scolo: davanti a lei un corso d’acqua che scorreva troppo forte, impossibile da attraversare a nuoto.

Dietro di lei sentiva il riecheggiare i passi del suo inseguitore.

Fuggire era dunque impossibile, doveva, battersi.

Steve camminava a passo lento, ma i suoi occhi avevano perso di vista la donna in verde, seppur per poco. Cercava di scorgerla con la sua vista acuta, non immaginando che lei fosse nascosta dietro la colonna, con in un mano un tubo di piombo.

Se ne accorse con un secondo di ritardo, quando la donna lo colpì alla testa con esso: solo un movimento all’ultimo secondo rese il colpo non letale, ma lo stordì abbastanza da farlo cadere a terra.

“S-Stupido.” Pensò “Un errore da dilettante. Come diavolo ho fatto a farmi fregare in quel modo?”

Era vero, era stato un errore da dilettante, non da leggenda vivente. E Viper non era quel genere di avversari con cui potersi permettere degli errori.

Un secondo colpo al costato lo lasciò senza fiato.

Il terzo, per fortuna, andò ad infrangersi contro lo scudo energetico, dando a Steve il tempo di riprendersi e di colpirla all’addome con un calcio, allontanando l’avversaria, che perse l’improvvisata arma.

I due si rimisero in piedi in breve tempo. Steve aveva la testa che gli doleva e gli girava, la vista gli si era annebbiata e un fiotto rosso di sangue gli veniva giù dalla folta chioma bionda.

Viper estrasse un pugnale dallo stivale, col quale voleva mettere fine alle contesa assassinando il suo avversario.

<Arrenditi Viper. Hai chiuso.> disse Steve, ma il suo stordimento non rendeva il suo avvertimento molto minaccioso.

<Non ne ho nessuna intenzione, uomo dello S.H.I.EL.D.. Brucerai, brucerai come la tua capitale.> 

I due giravano in tondo, come in un balletto, pronti a scattare. Era come in una corrida, poi all’improvviso la donna iniziò a sferrare fendenti con il suo pugnale, che però venivano tutti parati dallo scudo.

< HISSSSSSS!!> sibilando come l’animale da cui prendeva il nome, Viper s’avvento su Steve, cercando di coglierlo di sorpresa, affondando un colpo dall’alto verso il basso, ma pure questo estremo tentativo andò ad infrangersi contro l’arma di difesa di Steve.

In realtà si rivelò una trappola: mentre l’attenzione di Steve era rivolta al pugnale, di Viper, s’avventò sulla spalla destra del suo avversario coi suoi canini.

I denti non potevano penetrare il tessuto rinforzato dell’uniforme di Steve, pertanto il veleno non poteva entrare in circolo, ma il dolore era comunque lancinante.

Steve inghiottì un urlo e si liberò con una gomitata dell’assalitrice, che venne balzata all’indietro che, barcollando anch’essa per il dolore, perse l’equilibrio e cadde dentro il canale di scolo.

<VIPER!> gridò Steve nel vederla cadere e venire inghiottita dal forte corso d’acqua. In pochi secondi la donna sparì dal suo campo visivo.

Ancora una volta un esito imprevisto aveva permesso alla terrorista di sfuggire alla legge. Sembrava fosse il suo destino. Un finale che rese Steve nervoso e insofferente.

Tornò sui suoi passi e raggiunse gli altri che erano rimasti ad aspettarlo.

<Non dirmi che Viper ti è sfuggita!> esclamò Jack Flag <Non ci credo.>

<È stata inghiottita da un canale di scolo, dovrebbe essere annegata ma…>

<… ma hai visto troppa gente tornare da una morte apparente per crederci fino in fondo.> completò per lui Diamante.

<Dov’è Sharon?>

<Sono qui.> rispose la donna in questione con in pugno il contenitore di Inferno 42.

<Ora sì che è finita.> sentenziò Donna Maria.

 

EPILOGO UNO

 

 

Base dei Vendicatori segreti, poche ore dopo.

 

L’allarme era rientrato, Steve era stato liberato, Viper era stata fermata, l’Inferno 42 nuovamente messo sotto custodia. La missione dell’improvvisata squadra era stata un successo.

Ora Steve stava tenendo un discorso:

<Volevo congratularmi con tutti voi. Siete stati a dir poco molto efficienti. Sono orgoglioso, di ognuno di voi.  Maria e Amadeus, complimenti per aver messo su una squadra in così poco tempo. Jack, Rachel... è stato un piacere tornare a lavorare con voi come ai vecchi tempi. E Paladin... un lavoro da vero professionista, ma immagino che abbiate pattuito un compenso, non è vero?>

<Sta tranquillo, biondino, non ti costerò un penny. Al mio onorario ci pensa miss Carter, qui presente.> disse il mercenario, indicando la donna.

Steve allora si rivolse a lei.

<Un’altra cosa che ti devo, allora. Ti ringrazio per essere accorsa, Sharon.>

<Non farlo. Non mi devi nulla. Tu sei accorso in mio aiuto tante volte.>

<Il tuo contributo per il successo della missione è stato decisivo, inutile negarlo. Lavoriamo bene insieme, Sharon. Inutile negare pure questo. Per quanto mi riguarda, puoi rientrare in squadra con effetto immediato.> le disse, porgendole la mano. Ma la donna non gliela strinse.

<Ti ringrazio Steve, ma passo.> disse la donna, sorprendendo tutti i presenti < È vero, lavoriamo bene insieme, ma abbiamo stili troppo differenti. I tuoi metodi non si conciliano coi miei. Avevi ragione, l’altra volta, e le cose non sono cambiate. Preferisco lavorare per conto mio.>

<A che ti riferisci?> chiese Steve. La donna sorrise.

<Lo scoprirai a tempo debito. Diamante, ti va di saperne di più?>

La donna rimase sorpresa, poi rispose: <Perché no? Fai strada ...>

Paladin seguì le due donne.

<Ci si vede, gente...> disse salutando.

Il terzetto lasciò la base. Steve sembrò essere sorpreso e un po’ deluso, poi si rivolse a Jack Flag:

<Noto con piacere che hai risolto i tuoi problemi, Jack. Se anche tu non hai remore, avrei piacere ad averti a bordo.>

<Sarebbe un onore per me, Steve.> disse il ragazzo, stringendo la mano del proprio mentore.

<Bene ragazzo. Tieni, ecco la tua communicard.>

<Uh signore> prese la parola Amadeus Cho <Ma quella non è di Nomad? La riconosco.>

<Non più.> rispose Steve <Nomad non ritornerà, Amadeus.>

Il rifiuto di Sharon lo aveva amareggiato, era evidente. Donna Maria se ne era accorta.

Era il dispiacere per un rifiuto professionale o c’era qualcosa di più?

Questa insicurezza, questa gelosia a cui non era abituata la irritava.

Presto o tardi avrebbe dovuto affrontare questo argomento con Steve.

Intanto, si sentiva sollevata nel vedere che la Carter avesse rifiutato l’offerta di rientrare in squadra.

Non avrebbe sopportato l’idea di avercela costantemente intorno.

 

 

EPILOGO DUE

 

 

Miami International Airport, Florida

 

Alla fine la permanenza a Miami non si era rivelata di certo una vacanza, per il Soldato d’Inverno e la Vedova Nera, tuttavia l’esperienza era servita a schiarire le idee a James Barnes.

<Ne sei proprio sicuro?> gli domandò nuovamente lei.

<Sicurissimo. Da quanto è successo stanotte, ho capito che voglio far parte dei Vendicatori Segreti. Posso fare molto di più per la società lavorando con loro. Dicevo sul serio, quando ho detto che ho parecchio da farmi perdonare. È il mio modo di fare ammenda, di espiare il mio passato... e sì, forse Steve aveva ragione; i suoi metodi sono il modo migliore per fare del bene senza spargimenti di sangue. È proprio quello che fa al caso mio. Perché, tu hai dei dubbi?>

Yelena si prese qualche secondo prima di rispondere:

<No... no, sta bene anche a me. Non è il mio paese, ma di quello non sento nostalgia. Finché tu ne farai parte, resterò anche io nella squadra.>

 

 

EPILOGO TRE

 

Villa Carter, Virginia

 

<Bel posticino.> osservò Paladin.

<Grazie.> rispose Sharon <Vi ho fatto venire qui per fare ad entrambi una proposta. Abbiamo lavorato molto bene nell’ultimo caso, Steve aveva ragione. Vorrei proseguire con questa collaborazione. In breve, la mia idea è quella di mettere su una squadra come la loro, accettando i casi che la moralità da boy scout di Rogers non gli permette di accettare. Domande?>

<Uh si, una.> disse Diamante <Aspetti qualcuno?> disse indicando fuori dalla finestra.

Sharon guardò fuori, e vide che nel vialetto di casa stava entrando una moto.

Ad inforcarla era qualcuno che lei conosceva bene:

<Nomad... > esclamò nel riconoscerlo.

 

 

 

FINE

 

 

NOTE DEGLI AUTORI

 

 

Portiamo al termine in questo episodio la vicenda del rapimento di Steve e la vendetta in corso di Maverick. Un episodio che ha portato a diversi cambiamenti, e non solo di formazione Speriamo che l’esito sia stato di vostro gradimento.

Ma passiamo alle note:

1)    Maverick e Silver Sable hanno accettato il pentimento di Bucky, ma l’avvertimento che le ha fatto la donna sul finale della storia sembra più una tetra profezia.

2)    Le divergenze tra Steve e Sharon paiono insanabili, e questo ha portato ad una rottura definitiva tra loro, almeno a livello professionale. La cosa comunque non è di consolazione per la povera Donna Maria che pare sempre più gelosa.

3)    Se avete letto le nostre storie precedenti, dovreste ormai sapere che in realtà Scorpia è un’agente dello S.H.I.E.L.D. infiltrata nell’A.I.D. ma se non siete anche lettori di Hulk, probabilmente non saprete che il suo vero padre è nientemeno che Robert Bruce Banner, ovvero Hulk in persona.

4)    Abbiamo visto la nascita di una nuova squadra guidata da Sharon Carter i cui membri sono personaggi decisamente più ambigui moralmente rispetto ai tradizionali Vendicatori Segreti. Li vedremo presto in azione? Chissà.

Nel prossimo episodio: Steve Rogers ha promesso a Nick Fury che avrebbe aiutato Scorpia a scappare dall’A.I.D. ed è deciso a mantenere la sua promessa ma mentre si prepara all’azione, tocca a Sharon Carter ed alla sua squadra tuffarsi in una situazione pericolosa.

 

 

Carlo & Carmelo



[1] Avanzate Idee Meccaniche.

[2] Su Hulk MIT #28.

[3] Nello scorso episodio.

[4] Vezzeggiativo del nome russo Yelena o Elena.

[5] Glavnoye Razvedyvatel'noye Upravleniye. Direzione Principale Informazioni, il servizio segreto militare russo.

[6] Se non l’aveste capito, allude a Wolverine. -_^